Tostoj, Kuzminskaja - Memorie di una contadina

Editore: Casagrande, Bellinzona 2008
Recensione:
Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 136)
settembre-ottobre 2008


É uscito da poco per le edizioni Casagrande, nella bella traduzione di I. Panfido, un piccolo libro scritto a tre mani da Tolstoj, sua cognata Tatiana ed un’anziana contadina russa; meglio sarebbe quindi dire a due mani e una voce perché Babja Dolja (vita di una contadina) é stato in realtà dettato da una vecchia semplice e analfabeta che viveva nei dintorni della grande tenuta dei conti Tolstoj alla giovane Tatiana, per essere poi corretto e riordinato.
L’ho definito piccolo libro riferendomi solo alle sue dimensioni, mentre é invece di grandissimo valore artistico e letterario. L’ho letto infatti tutto d’un fiato, nell’arco di un pomeriggio domenicale, sospinta dalla sua struggente bellezza, commossa dalla sua carica di dolente umanità; solo alla fine, dalla postfazione, ho capito il motivo per cui questo splendido testo mi era del tutto sconosciuto, una volta tanto non per mia ignoranza, ma poiché finora inedito in Italia.
La protagonista, Anisja, racconta in prima persona la storia straordinaria della sua vita con la semplicità dei puri di cuore e la rettitudine dei timorati di Dio. La traduzione purtroppo può rendere solo in parte il linguaggio vivo e ricco di forme idiomatiche, proverbi e dialettismi che nel testo originale devono costituire un ulteriore motivo di fascino; l’esistenza dei contadini vi appare scandita dai lavori domestici e stagionali e l’attaccamento alle pratiche quotidiane riveste per loro nei momenti peggiori una funzione salvifica di legame con il presente e di aspettativa per il futuro.
L’energia e la vitalità che accompagnano Anisja per tutto il percorso insidioso e terribile della sua vita, racchiudono agli occhi degli illustri trascrittori lo spirito profondo delle donne russe, la loro forza antica che per secoli ha mandato avanti le famiglie, sostenendo gli uomini spesso tanto più fragili; così era il povero Danilo, il marito sposato controvoglia che pure lei arriverà ad amare “per il suo cuore semplice” come le fa dire Tolstoj nell’ultima bellissima riga del lungo racconto.
L’essenza piú intima della profonda religiosità del popolo russo pervade tutto il testo, anche nei punti apparentemente più scabrosi, il tentativo di stupro, il furto, l’adulterio, descritti in pagine forti ed intense che suggerirono a Tolstoj di aggiungere sotto il titolo la dicitura “per adulti” e che purgate nella prima traduzione in francese compaiono solo ora in questa in italiano. É un libro di una bellezza inquietante e violenta, pur nella sua assoluta castità, un libro doloroso nel suo crudo realismo, ma privo di ogni pesantezza edificante, addirittura alleggerito qua e là da lievi tocchi d’ironia ed arricchito dai continui riferimenti alla realtà descritta con una cura quasi antropologica in cui non possiamo non riconoscere, come del resto nella perfetta scansione dei tempi e dei dialoghi, il tocco del maestro.
Un altro serio motivo di interesse é dato dalla testimonianza storica che ci offre la vivida narrazione di Anisja, specchio di un’epoca di transizione nella Russia zarista, di un momento delicato, quello della liberazione dei servi della gleba, che non dette però nell’immediato i risultati attesi dai contadini, costretti a continuare a vivere in condizioni disastrose. La descrizione di tutto ciò ed in particolare delle sofferenze e dei maltrattamenti inflitti ai deportati e alle loro famiglie e del degrado delle istituzioni e degli ospedali russi, provocò l’intervento della censura zarista che tagliò diversi brani, presenti in questa traduzione, che ci consegna finalmente il testo nella sua integrità.