G. Sand - Indiana

Le passioni di Madame Delmare

Donzelli Editore, Roma 2009
Recensione:
Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 141)
luglio-agosto 2009

É stato da poco ristampato, a cura dell’editore Donzelli, il primo romanzo ufficiale di George Sand, pseudonimo di Aurore Dopin de Francueil. Pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1831, ebbe subito un notevole successo di critica e di pubblico e procurò alla giovane autrice ventisettenne un’imprevista notorietà.
Immerso appieno nell’atmosfera romantica tipica del periodo, Indiana racconta una storia d’amore fatale ambientata nell’esotico paesaggio dell’isola di Reunion, allora Buorbon, tra profonde foreste, mari tempestosi, imponenti cascate ammirate al chiaro di luna, assecondando il gusto dell’epoca che amava le ambientazioni a sfondo naturalistico in paesi lontani, simbolo di libertà e di un ritrovato sentimento di indipendenza. Nonostante la struttura e la forma narrativa ormai visibilmente datate, il romanzo presenta però aspetti d’insospettabile modernità e di vivo interesse dal punto di vista storico e sociologico.
Analizziamone dunque brevemente la trama.
Indiana é una giovane creola, di nobili origini, sposata per convenienza con un ufficiale a riposo anziano e brutale, il colonnello Delmare. Vive con lui in un triste castello della provincia francese col solo conforto della compagnia della giovane Noun sua sorella di latte e delle visite del cugino Ralph, un giovane serio e taciturno che da tempo l’ama in segreto. Depressa e scontenta della propria vita, Indiana si lascia coinvolgere in una relazione sentimentale con un vanesio seduttore, Raymond de Ramiere. Intanto il marito travolto dai debiti sceglie l’esilio nell’isola di Bourbon, dove ben presto muore. Indiana rientrata in Europa viene respinta da Raymond, invaghitosi di una ricca dama, ritrovandosi così priva di ogni sostegno morale ed economico. A questo punto interviene Ralph che le dichiara il suo amore; i due decidono di tornare insieme a Buorbon per porre fine ai propri giorni con un duplice suicidio. Avviene invece che il contatto con la splendida natura tropicale risvegli in loro l’istinto della vita; di comune accordo rinunciano a progetti funesti decisi ad affrontare insieme il futuro.
Nel carattere complesso di questa giovane, vittima di un matrimonio infelice, che incarna il prototipo della donna oppressa dalle leggi e dalle convenzioni sociali e nel suo comportamento fuori dagli schemi possiamo riscontrare forti elementi di attualità.
Scrive a questo proposito l’autrice:
“Non rompete le catene che vi legano alla società, rispettate le leggi se vi tutelano, apprezzate i suoi giudizi se per voi sono giusti; ma se un giorno la società vi calunnia e vi respinge, abbiate l’orgoglio sufficiente per sapervi infischiare di lei.”
C’é molto infatti di autobiografico in quest’opera prima della Sand. Anche lei proveniva da una nobile famiglia e si era sposata giovanissima con un ufficiale; matrimonio infelice da cui erano comunque nati due figli, che Aurore tenne sempre con se nel corso della sua esistenza movimentata. Nel 1831, lasciato il marito, si trasferì a Parigi col suo amante, il romanziere Jules Sandeau; dal suo cognome trasse spunto per crearsi lo pseudonimo maschile di George Sand con cui firmerà tutta la propria produzione letteraria nel trentennio successivo.
L’immediato successo riscosso da Indiana le aprì le porte dei salotti letterari della capitale.
“Ho scritto Indiana con la consapevolezza, non ragionata, ma profonda e legittima, dell’ingiustizia e della barbarie delle leggi che regolano l’esistenza della donna nel matrimonio, nella famiglia e nella società.”
Iniziò così una stagione di produzione intensissima per la scrittrice che univa alla collaborazione con la prestigiosa Revue de Deux Mondes la stesura di numerosi romanzi, Valentine, Leila, Leone Leoni e altri ancora.
Furono anche gli anni dei successi mondani; la Sand frequentava i teatri ed i salotti parigini vestita da uomo, fumava ostentatamente il sigaro in pubblico e cambiava amante con funambolica abilità.
Nel 1833 interruppe la relazione con Sandeau ed iniziò una celebre e scandalosa convivenza col giovane poeta Alfred de Musset, di cui venticinque anni dopo ci darà una personale rivisitazione nel romanzo Elle et lui.
Per suo tramite conobbe la principessa italiana Cristina di Belgioioso, donna di grande fascino, di mentalità aperta e di caldi sentimenti democratici, che in quegli anni viveva esule a Parigi. Nella sua casa conobbe alcuni dei principali intellettuali ed artisti del periodo, così culturalmente ricco e stimolante, divenendo amica di Lsztt e di Chopin di cui nel 1838, dopo aver lasciato De Musset, diventò l’amante ufficiale. Vissero assieme per diversi anni, ma l’instabilità sentimentale di Aurore la spingeva sempre a cercare altrove, almeno fino al 1845, anno in cui si legò all’incisore Alexandre Manceau che fu il suo ultimo compagno e a cui rimase fedele per 15 anni, fino alla morte di lui.
Frattanto continuava a scrivere con una prolificità che oggi ci appare quasi prodigiosa; tra il 1844 e il 1848 produsse la maggior parte dei suoi romanzi d’ispirazione rustica, ambientati nelle amate campagne del Berry, tra cui La Mare au Diable e La Petite Fadette, solo per citare i più noti.
Nel febbraio del 1848 scoppiarono a Parigi i moti rivoluzionari che avrebbero portato alla nascita della Seconda Repubblica. George Sand vi partecipò con entusiasmo mettendo la sua penna al servizio della causa in cui credeva, fondando perfino un giornale, La cause du peuple.
È di quegli anni anche la sua relazione epistolare con Giuseppe Mazzini, poco nota ma per noi assai interessante. Fervente sostenitrice della repubblica Romana, in una serie di lettere esaltava l’eroismo ed il sacrificio dei suoi difensori.
Scriveva a Pierre Bocage il 7 luglio del ’49:
“Mazzini mi scrive lettere grandi e profonde come il cielo stesso. Ci sono ancora eroi e santi nel mondo.”
E più tardi nello stesso mese indirizzandosi direttamente al Mazzini:
“Voi avete ben operato difendendo l’onore fino all’ultimo...il mondo intero lo comprende, anche quei miserabili che non credono in nulla e il mondo intero dirà così a gran voce che é giunto il tempo in cui le nazioni non periranno. Esse supereranno questo disastro noi dobbiamo solo essere pazienti, non piangere su quelli che sono morti, non dolersi per quelli che dovranno ancora morire.”
L’amore per l’Italia l’accompagnò per l’intera esistenza tanto che nel 1860 insieme all’amico Victor Hugo scrisse una prefazione alla biografia di Garibaldi che Aessandro Dumas aveva appena steso utilizzando le informazioni ricevute dal suo protagonista, che aveva raggiunto in Sicilia durante la spedizione dei Mille.
La delusione dopo l’avvento al potere di Napoleone III la spinse però a ritirarsi dalla partecipazione alla vita politica; ormai celebre donna di lettere si ritirò in campagna, nella sua bella casa di Nohant, dove riceveva le visite di cari e famosi amici, quali Flaubert, Dumas, Thurghenev, Gautier.
Si dedicava alla stesura della sua monumentale autobiografia ed anche alla vita familiare e alla cura di figli e nipoti per i quali scrisse dei deliziosi racconti per l’infanzia.
La grande peccatrice si era forse convertita? Non risulta, anche se la figlia volle per lei funerali religiosi. Possiamo più realisticamente ritenere che fin dalla giovinezza l’amore per i bambini ( sempre si tenne i due figli vicini, anche durante le burrascose passioni giovanili) fosse uno dei tanti aspetti di una personalità femminile ricca e poliedrica. Mai infatti, neanche quando la snellezza giovanile le permetteva di indossare abiti maschili, lei rinnegò la sua intima femminilità e per le donne si batté sempre nei suoi scritti denunciando lo stato di inferiorità e soggezione in cui erano costrette. “Non le apprezzano ma se ne servono sperando così di assoggettarle alla legge della fedeltà” .
Con tenace convinzione sostenne quindi l’uguaglianza dei generi ma non solo, anche quella degli umili e dei diseredati.
Ultimamente la critica ha rivalutato soprattutto i suoi romanzi campestri, per la freschezza dello stile e l’originalità delle trame, a scapito dei lavori di stampo più prettamente ideologico che risultano oggi un po’ noiosi e sorpassati; é comunque doveroso, accostandosi alla lettura di opere di quasi due secoli fa, tener conto del tempo intercorso e dei profondi mutamenti stilistici avvenuti.