A. M. Verna, P. Vaglio Giors - Utopia e femminismo

Edizioni Tufani - Ferrara, 2009


Due autrici per questo libro, esperte entrambe di Women’s Studies, che hanno affrontato il difficile e interessante argomento delle utopie al femminile da due diversi angoli di visuale. La Verna si é piú soffermata sui risvolti storico-sociali, la Vaglio su quelli fantastici e letterari. Il risultato é stato un libro complesso, ricco di contenuti e di osservazioni, anche se a volte di non facile lettura.
Quando nella seconda metà dell’Ottocento nell’alveo del pensiero femminista si sviluppano le prime utopie scritte da donne, esiste già da quasi tre secoli l’equivalente genere letterario al maschile. Utopia, di Tommaso Moro é del 1516, la Città del Sole di Campanella vede la luce nel 1602 e alla fine del Settecento si sviluppa il socialismo utopico che attraverso gli scritti di Fourier e Saint-Simon propugna una riforma generale della società e dello stato.
Il filo rosso che lega e accomuna tra loro le diverse visioni maschili e femminili della società del futuro é la legittimazione della ricerca della felicità, che esalta l’autonomia della ragione nell’ottica di un’autarchia immanentistica del creato. La speranza in un mondo migliore illumina quasi tutte le rappresentazioni utopiche che immaginano un cambiamento profondo, basato sulla giustizia sociale, sulla collettivizzazione delle risorse economiche, sull’abolizione dei contrasti e sulla liberalizzazione di ogni sorta di legami, famiglia compresa.
L’outopia, nell’accezione greca del termine non luogo, dovrebbe quindi trasformarsi in eutopia, il buon luogo.
Quale é dunque la peculiarità del diverso approccio delle donne a questo tema?
Così risponde la Verna nella sua introduzione: “I progetti femministi della modificazione del mondo non sono mai, contrariamente ai progetti di società ideali maschili, repressivi e quando sono gerarchici lo sono nel rispetto complessivo della libertà e dell’uguaglianza... Non si presentano come modelli di ingegneria politica e anche per questo non sono prese in considerazione in nessuno studio accademico di teoria politica”.
Prosegue poi la sua analisi delle utopie femministe dal preziosismo alla cibernetica, analizzando nei tre capitoli successivi prima l’operato e gli scritti delle précieuses nei salotti francesi del XVII secolo, poi quelli delle donne durante la rivoluzione francese ed infine gli sviluppi del pensiero femminile in proposito nelle società matriarcali quali gli Stati Uniti nel XIX secolo.
Venendo a tempi più vicini a noi, l’autrice si sofferma sulla considerazione che talvolta le utopie fantascientifiche sono anche ecofemministe e fanno della vecchia analogia tra donna e natura uno dei loro fondamenti teorici. Infatti in parecchi libri scritti dopo gli anni ’70 si idealizzano società rette da sistemi equilibrati e rispettosi dell’ambiente, nella piena armonia tra gli ecosistemi vegetali e animali, in cui l’etica dominante riconosca la dignità di tutte la forme di vita esistenti sul pianeta.
Più proiettata sul piano letterario é invece la seconda parte di questo saggio in cui Piera Vaglio analizza con acutezza diversi testi chiave della produzione narrativa sull’argomento.
Si parte da Maria o i Diritti delle Donne di Mary Wollstonecraft, per giungere fino a Female Man della Russ, passando poi attraverso classici quali il Frankenstein, Mizora, Herland e tanti altri.
Scrive l’autrice: “In tutte le opere esaminate si sente la necessità urgente di contrapporre a una realtà costituita da sofferenze un universo privo di dimensioni in cui scompaiano le oppressioni subite.”
Da un’analisi delle utopie femministe considerate in questo studio possiamo quindi concludere che in esse, come nel pensiero maschile corrispondente, appare evidente una forte denuncia verso i modelli politico-sociali della realtà, combinata con l’intento di costruire un mondo migliore. Se é vero che non vengono prese in considerazione negli studi accademici di teoria politica, questo é dovuto proprio al fatto che esse non vogliono essere modelli teorici, ma espressioni del profondo desiderio di cambiamento della condizione individuale e collettiva delle donne.
Le differenze maggiori tra gli scritti dei due sessi emergono infatti quando si considera il modo in cui esse tendono ad omologarsi sempre di più con le categorie degli oppressi della terra, proprio perchè da sempre sono state inserite in condizioni di sudditanza nelle categorie d’appartenenza.