A. Cecchi Paone, F. Pagano - La rivolta degli zingari

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La rivolta degli zingari - Auschwitz 1944
Mursia, Milano, 2009, pp.227, euro17.

Qualche tempo fa, proprio durante le giornate della Memoria, frugando tra gli scaffali in libreria mi è capitato tra le mani questo volume di Cecchi Paone e Pagano, di cui non avevo ancora sentito parlare. Nel corso degli ultimi anni mi sono sporadicamente occupata dell’argomento “Rom” e quindi il titolo in copertina ha subito catturato la mia attenzione.
Sapevo del Porrajmos, il divoramento, l’atroce genocidio che cancellò dalla faccia della terra centinaia di migliaia di zingari europei, avevo letto alcuni articoli in proposito e qualcosa mi era stato raccontato. Walter, il giostraio del parco che frequento a volte con le mie nipotine, mi aveva detto di aver visto da bambino il numero che sua nonna portava inciso sul braccio, preceduto da una Z azzurrina. Una storia come tante altre, narrata da un uomo che appartiene a un popolo che si serve solo della tradizione orale, che non ha mai affidato alla parola scritta la propria Storia con la esse maiuscola. Da qui la grande difficoltà che incontra chiunque voglia conoscere meglio i rom e di conseguenza la grande utilità degli studi, invero assai scarsi, che li riguardano.
Gli avvenimenti narrati nella Rivolta degli zingari sono quasi tutti sconosciuti al grande pubblico. Si parte dalla descrizione del clima di odio e discriminazione messo in atto dal regime nazista fin dal 1935-6, che culmina poi con le deportazioni, le sterilizzazioni di massa, gli eccidi. Inutili saranno le fughe disperate delle lunghe carovane di carri che cercano scampo verso est, nascondendosi nelle foreste di Germania e Polonia. Abbandonati a se stessi, senza aiuto da parte delle popolazioni che anzi spesso li tradiscono (sono solo zingari, ladri e fannulloni, facciamo bene a liberarci di loro!), vengono presto scovati, rastrellati e condotti nei lager.
Con delicatezza, in uno stile semplice e piano che non indulge a facili effetti cruenti, che sarebbe stato fin troppo facile inserire, gli autori raccontano la storia di un gruppo di questi nomadi attraverso le parole di Zachari e Maria, un ragazzo e una bambina.
Siamo ad Auschwitz, nello Zigeunerlager, il campo speciale per famiglie zingare, dove nel corso di 16 mesi entrarono 23.00 individui, uomini, donne e tanti bambini tragico serbatoio di cavie per Mengele. Nell’aprile del ’44 iniziano le selezioni; a gruppi di centinaia vengono caricati sui camion verso una destinazione facilmente intuibile. Ma la mattina del 16 maggio, entrando al Ziguenerlager, le SS si trovano davanti una sorpresa: gli zingari li stanno aspettando.
“Si erano armati come contadini medioevali, con pietre, arnesi da lavoro, spuntoni di legno, ferri da calza, cucchiai affilati, e intendevano battersi.”
Una massa compatta di uomini e donne scheletrici, ma con la schiena dritta e lo sguardo acceso si presenta dinnanzi agli aguzzini, cogliendoli del tutto di sorpresa. Mai nei campi i prigionieri, distrutti da fame, fatica e umiliazioni avevano osato resistere. Sparano nel mucchio, ma gli zingari avanzano inarrestabili, escono dalle baracche, dilagano all’aperto. Le SS sono costrette a ritirarsi e per quel giorno a rinunciare. Torneranno, è inevitabile, e tutto andrà verso la soluzione finale, ma la rivolta del 16 maggio resterà l’unica nella terribile storia dei lager.
Dobbiamo quindi ringraziare Cecchi Paone e Pagano per averci raccontato che proprio questo popolo, da tanti considerato neghittoso e indolente, fu capace di un sussulto di straordinario coraggio.
Il loro libro, curato anche nella bibliografia e nella ricerca delle fonti, è un libro onesto e civile, nel senso più ampio del termine. Di questi tempi difficili, in cui le minoranze stentano a far sentire la loro voce, è quindi il benvenuto.