Anna Maria Isastia - Storia di una famiglia del Risorgimento - Sarina, Giuseppe, Ernesto Nathan
29/maggio/2011
Università Popolare di Torino editore, Torino, 2010
Recensione: Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 152)
luglio-sett 2011
In questo libro di ampio respiro, A. M. Isastia ci offre un ritratto appassionato di una famiglia e di una donna che hanno contribuito a fare la storia del nostro Risorgimento.
Ma chi erano i Nathan e cosa hanno rappresentato nella Italia della seconda metà del XIX secolo?
Il più noto tra di loro è stato finora certamente Ernesto, che fu sindaco di Roma dal 1907 al 1913, ma ultimamente si è risvegliato un nuovo interesse verso la figura di sua madre Sara, riscoperta e proposta con efficacia negli studi di alcune storiche, dai quali appare che poche donne nel nostro Risorgimento si distinsero per qualità morali e impegno politico quanto Sara Levi Nathan. Il libro della Isastia ne é una chiara e documentata dimostrazione.
Frutto di una ricerca accurata negli archivi di tutta l’Italia, di letture approfondite (ne fa fede l’ampia bibliografia) ma soprattutto dello studio paziente e pignolo delle lettere personali, il volume ci offre un quadro vivido della vita privata e sociale di Sarina e della sua famiglia. Le amicizie, le frequentazioni, gli interessi politici e gli stretti rapporti che legavano queste persone a Mazzini e a molti dei principali esponenti della politica italiana del periodo sono descritti e spiegati con chiarezza e acume.
Si inizia con il racconto della giovinezza di Sara, nata in una modesta famiglia ebraica, andata sposa a soli 16 anni di un banchiere tedesco con cui subito si trasferisce a Londra. Si tratta di un matrimonio di convenienza, ma i due coniugi riescono a trasformarlo nel tempo in un solido sodalizio, basato sull’affetto e sul rispetto reciproco. Nasceranno ben 12 figli che la madre seguirà tutti con amore e competenza. Nonostante questo enorme carico di famiglia Sara a Londra si fa una cultura e impara perfettamente l’inglese; in pochi anni la ragazzina di provincia si trasforma in una gentildonna, comincia a interessarsi di politica e apre la sua casa agli esuli italiani e agli intellettuali radicali inglesi. Mazzini diventa allora l’ospite privilegiato e pian piano l’amico fedele, il compagno di tutta una vita.
Nel 1859, soli 40 anni improvvisamente Sara resta vedova, erede universale di tutte le sostanze che il marito le ha lasciato, con un gesto all’epoca insolito ma che riflette una stima profonda nei suoi confronti.
La famiglia si trasferisce quindi in Italia, a Pisa, Firenze, Milano, poi a Lugano. Nel decennio successivo Sara sostiene con passione la causa dell’unificazione del paese, svolge il ruolo di collettrice di denaro per le iniziative mazziniane e di tramite per lo smistamento della posta e la sua presenza in Italia è preziosa per Mazzini, costretto ancora all’esilio.
Tutti i suoi figli ormai adulti condividono le sue scelte politiche, ma Giuseppe ed Ernesto le sono più vicini di altri e sono anche legatissimi a Mazzini. Tra i due Giuseppe é il prediletto, quello che le é sempre stato più congeniale e sarà lui ad accompagnarla nelle iniziative di carattere educativo e sociale che impegnano l’ultima parte della sua vita.
Dal ’71 i Nathan vivono a Roma. Ormai il processo unitario nel paese si é concluso, ma altri gravi problemi reclamano l’attenzione: il degrado, l’analfabetismo, l’infelice condizione delle donne. A questo si dedica Sara nei suoi ultimi anni sostenuta con dedizione da Giuseppe, poi da Ernesto, e dalle donne della sua famiglia. Crea a Trastevere una scuola per fanciulle e si batte perché venga modificata la legge che regolamentava la prostituzione, sostenendo la causa per la protezione delle donne perdute sfidando pregiudizi e ipocrisie.
Quando Ernesto, parecchi anni dopo la morte della madre, viene eletto Sindaco di Roma, continua a tener presente nel suo lavoro gli ideali mazziniani che erano patrimonio morale della sua famiglia. Primo sindaco laico della capitale, per di più ebreo e massone, ne affronta i problemi con moderazione e integrità. L’educazione, la scuola, la casa, la lotta alla corruzione sono quindi le sue priorità.
Anna Maria Isastia scrive che con il suo libro intende offrire un contributo alla celebrazione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia e davvero, tra i tanti usciti in questi ultimi mesi, questo merita un posto privilegiato. Si tratta infatti di un testo esauriente e approfondito, ma senza inutili tecnicismi, di agevole lettura anche per i lettori non addetti ai lavori.
Recensione: Luciana Tufani Editrice - Leggere Donna (n. 152)
luglio-sett 2011
In questo libro di ampio respiro, A. M. Isastia ci offre un ritratto appassionato di una famiglia e di una donna che hanno contribuito a fare la storia del nostro Risorgimento.
Ma chi erano i Nathan e cosa hanno rappresentato nella Italia della seconda metà del XIX secolo?
Il più noto tra di loro è stato finora certamente Ernesto, che fu sindaco di Roma dal 1907 al 1913, ma ultimamente si è risvegliato un nuovo interesse verso la figura di sua madre Sara, riscoperta e proposta con efficacia negli studi di alcune storiche, dai quali appare che poche donne nel nostro Risorgimento si distinsero per qualità morali e impegno politico quanto Sara Levi Nathan. Il libro della Isastia ne é una chiara e documentata dimostrazione.
Frutto di una ricerca accurata negli archivi di tutta l’Italia, di letture approfondite (ne fa fede l’ampia bibliografia) ma soprattutto dello studio paziente e pignolo delle lettere personali, il volume ci offre un quadro vivido della vita privata e sociale di Sarina e della sua famiglia. Le amicizie, le frequentazioni, gli interessi politici e gli stretti rapporti che legavano queste persone a Mazzini e a molti dei principali esponenti della politica italiana del periodo sono descritti e spiegati con chiarezza e acume.
Si inizia con il racconto della giovinezza di Sara, nata in una modesta famiglia ebraica, andata sposa a soli 16 anni di un banchiere tedesco con cui subito si trasferisce a Londra. Si tratta di un matrimonio di convenienza, ma i due coniugi riescono a trasformarlo nel tempo in un solido sodalizio, basato sull’affetto e sul rispetto reciproco. Nasceranno ben 12 figli che la madre seguirà tutti con amore e competenza. Nonostante questo enorme carico di famiglia Sara a Londra si fa una cultura e impara perfettamente l’inglese; in pochi anni la ragazzina di provincia si trasforma in una gentildonna, comincia a interessarsi di politica e apre la sua casa agli esuli italiani e agli intellettuali radicali inglesi. Mazzini diventa allora l’ospite privilegiato e pian piano l’amico fedele, il compagno di tutta una vita.
Nel 1859, soli 40 anni improvvisamente Sara resta vedova, erede universale di tutte le sostanze che il marito le ha lasciato, con un gesto all’epoca insolito ma che riflette una stima profonda nei suoi confronti.
La famiglia si trasferisce quindi in Italia, a Pisa, Firenze, Milano, poi a Lugano. Nel decennio successivo Sara sostiene con passione la causa dell’unificazione del paese, svolge il ruolo di collettrice di denaro per le iniziative mazziniane e di tramite per lo smistamento della posta e la sua presenza in Italia è preziosa per Mazzini, costretto ancora all’esilio.
Tutti i suoi figli ormai adulti condividono le sue scelte politiche, ma Giuseppe ed Ernesto le sono più vicini di altri e sono anche legatissimi a Mazzini. Tra i due Giuseppe é il prediletto, quello che le é sempre stato più congeniale e sarà lui ad accompagnarla nelle iniziative di carattere educativo e sociale che impegnano l’ultima parte della sua vita.
Dal ’71 i Nathan vivono a Roma. Ormai il processo unitario nel paese si é concluso, ma altri gravi problemi reclamano l’attenzione: il degrado, l’analfabetismo, l’infelice condizione delle donne. A questo si dedica Sara nei suoi ultimi anni sostenuta con dedizione da Giuseppe, poi da Ernesto, e dalle donne della sua famiglia. Crea a Trastevere una scuola per fanciulle e si batte perché venga modificata la legge che regolamentava la prostituzione, sostenendo la causa per la protezione delle donne perdute sfidando pregiudizi e ipocrisie.
Quando Ernesto, parecchi anni dopo la morte della madre, viene eletto Sindaco di Roma, continua a tener presente nel suo lavoro gli ideali mazziniani che erano patrimonio morale della sua famiglia. Primo sindaco laico della capitale, per di più ebreo e massone, ne affronta i problemi con moderazione e integrità. L’educazione, la scuola, la casa, la lotta alla corruzione sono quindi le sue priorità.
Anna Maria Isastia scrive che con il suo libro intende offrire un contributo alla celebrazione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia e davvero, tra i tanti usciti in questi ultimi mesi, questo merita un posto privilegiato. Si tratta infatti di un testo esauriente e approfondito, ma senza inutili tecnicismi, di agevole lettura anche per i lettori non addetti ai lavori.