Ulrike Edschmid - La scomparsa di Philip S.

Ulrike Edschmid edizioni e/o

La scomparsa di Philip S. è il primo libro pubblicato in Italia di Ulrike Edschmid, autrice la cui notorietà è rimasta finora circoscritta entro i confini della Germania. A Berlino, sua città di origine, ha studiato letteratura e frequentato l’Accademia del cinema, entrando in contatto, alla fine degli anni ’60, con il movimento studentesco nelle sue frange più radicalizzate, grazie anche alla relazione con il giovane Philip Sauber. Nel 1971 però, prima di farsi coinvolgere in qualcosa d’irrimediabile, ha lasciato Philip entrato invece in clandestinità. Si è trasferita quindi a Francoforte dove ha iniziato a lavorare come insegnante.
Conosciuta per i racconti biografici nati da una serie d’interviste alle compagne di vita di scrittori affermati, successivamente ha scritto anche romanzi, quasi tutti ambientati in un momento storico difficile per il suo paese, quello degli anni di piombo. E’ il periodo in cui si svolge anche la vicenda autobiografica narrata in questo libro, ma sono stati necessari ben trentotto anni a Ulrike per prendere le distanze da una materia per lei così scottante e coinvolgente, riuscendo infine a rielaborarla per consegnarla ai lettori depurata attraverso il filtro del tempo e dell’esperienza, con una scrittura sobria e pacata, in pagine di grande bellezza.
Chi era dunque Philip S. e quali sono i reali motivi della sua scomparsa?
Ulrike lo conosce a Berlino, nei corridoi dell’Accademia del cinema, un giovane alto e snello, biondo con un pizzetto che lo fa sembrare più maturo dei suoi vent’anni. Un ragazzo quindi, mentre lei è una donna, ha ventisette anni e un bimbo piccolo. Eppure è amore a prima vista (ma la parola amore viene usata assai poco nel testo). Lui è davvero più maturo della sua età, lei è sedotta dal suo idealismo e dalla sua semplicità.
Iniziano subito a convivere; lui viene da Zurigo, la sua è una ricca famiglia svizzera tradizionalista e conservatrice con cui ha rotto ogni rapporto, le sue passioni sono il cinema e la fotografia e nei primi mesi del suo soggiorno berlinese di questo si occupa, girando anche un buon cortometraggio che riscuote critiche interessanti. Ma arriva il ’68: Philip è un idealista e non resta indifferente di fronte all’ingiustizia, non accetta di vivere in un mondo per lui sbagliato. In Vietnam c’è la guerra, in Germania la polizia spara. Inizialmente le armi lo inorridiscono, l’arte è quello che davvero ama, ma poi l’attività politica lo coinvolge, viene in contatto con i collettivi rivoluzionari, si schiera decisamente contro lo stato, entra nel Movimento 2 giugno.
Inizia così la scomparsa di Philip che si allontana gradualmente dalla sua vita precedente; lascia l’Accademia, poi con Ulrike e il bimbo a cui si è molto legato affettivamente va a vivere in una comune, si avvicina ai gruppi più estremisti, prende contatto con la
Rote armee fraktion, con le Brigate rosse. Cambia anche il suo modo di vestire, va al mercato delle pulci e si compra una giacca di tipo militare, piena di tasche da poter riempire di sassi da lanciare durante le manifestazioni contro la polizia.
Anche il rapporto con Ulrike pian piano cambia, si parla di proletariato, d’imperialismo e soprattutto di rivoluzione “Cominciano a spuntare parole che non sono le nostre” .
Eppure nel ’71, quando Philip decide di tagliarsi tutti i ponti alle spalle e di entrare in clandestinità nulla d’irreparabile è ancora avvenuto, lui è schedato, si è fatto qualche giorno di galera, ma non ha commesso reati gravi, non è ricercato.
Frattanto nella coppia qualcosa si sta rompendo, la presenza del bambino tiene Ulrike ancorata alla realtà, ma a impedirle di seguire Philip nella sua scelta estrema c’è anche una diversa visione del mondo, della politica e della esistenza. Lei è convinta che si possa avere una vita giusta, anche in un mondo ingiusto, è convinta di poter resistere solo restando se stessa; lui traccia una linea netta tra sé e quelli che considera suoi nemici, ed è convinto di poter sfuggire alla prigione solo diventando un altro.
“Lui se ne va senza averne bisogno, niente lo spinge a scomparire. Quello che vuole davvero lo scoprirà solo dopo averlo fatto.”
Si allontana in un giorno qualunque, è primavera, nell’aria c’è profumo di tigli. Per qualche mese il rapporto con Ulrike continua, lei lo raggiunge sporadicamente in alloggi di fortuna, lui cerca di restare ancorato all’amore che lo lega a lei e al bambino, ma non ci riesce, si allontana ogni giorno di più, diventa inaccessibile, concentrato sui suoi obiettivi segreti. Ulrike capisce che la loro storia è finita, raccoglie le sue cose e con il figlio si trasferisce a Francoforte.
Vive lì il 9 maggio del 1975, quando una amica la raggiunge per comunicarle che nella notte c’è stata una sparatoria a Colonia, e un poliziotto e un terrorista hanno perso la vita. Philip è rimasto a terra raggiunto da 28 colpi, 28 come i suoi giovani anni. Ormai Ulrike non potrà più rivolgergli la domanda che da anni si portava dietro: perché?

Difficile anche per il lettore dare una risposta. All’ìnizio le scelte di Philip sono in qualche modo compatibili con quelle di tanti altri della sua generazione, che poi è stata anche la mia. Il cinema e la fotografia intesi come mezzi per rappresentare la realtà, la scelta della vita in comune, il femminismo, il senso di vicinanza alla classe operaia, l’identificazione tra personale e politico, l’educazione alternativa dei piccoli sono stati elementi fondanti nel percorso politico e sentimentale di chi era giovane negli anni ’70. Sono stati peraltro spesso rapidamente perduti o disattesi. Non spiegano quindi la scelta della lotta armata e della clandestinità e su questo la Edschmid nella sua narrazione attenta e misurata non da indicazioni plausibili, si avverte una certa reticenza, per qualcosa che non viene mai del tutto esplicitato. Si sente invece nelle pagine del libro la voglia di riportare in vita almeno nel ricordo un uomo molto amato di cui tutti, la sua famiglia per prima, avevano cancellato ogni traccia anche nel nome, e insieme il desiderio di raccontare una stagione difficile del suo paese e della sua giovinezza. Entrambi gli intenti sono stati raggiunti in pagine di toccante semplicità, in un romanzo dalla struttura circolare scritto con stile asciutto ma emozionante e a volte commovente.