Lorenza Mazzetti - Diario londinese

Mazzetti Sellerio Editore Palermo  (collana La memoria)


A cinquant’anni di distanza dal suo primo libro, Il cielo cade, che vinse il premio Viareggio nel lontano 1962, Lorenza Mazzetti torna a noi con un secondo piccolo delizioso volume, Diario londinese.

Cosa dunque è successo nella vita di questa donna in un così lungo arco di tempo? Per comprenderlo bisogna forse risalire molto indietro, al tempo dell’infanzia di questa anziana signora, al tempo della guerra, degli anni crudeli del nazi-fascismo e dell’antisemitismo, che hanno segnato indelebilmente la sua personalità.

Proprio dal trauma subito allora e faticosamente rielaborato con una terapia psicanalitica nasce il primo libro della Mazzetti, Il cielo cade, in cui questa storia dolorosa ci è presentata attraverso lo sguardo di una bambina. Si tratta di un racconto poetico e intenso, importante non solo perchè risponde al bisogno dell’autrice di rivivere e purificare nella scrittura la sua infanzia ferita da bagliori violenti, ma anche perché costituisce un monumento duraturo del ricordo di questa strage misconosciuta. Si torna quindi al grande tema dell’importanza della memoria, memoria storica, ma anche personale e familiare, quale monito e consiglio per le future generazioni.
Nonostante il successo di questo primo libro negli anni successivi l’autrice si dedicò ad altre sue passioni, il cinema, la pittura, il teatro. Di questa fase della sua vita è tornata a parlare molti anni dopo, quando ormai ottuagenaria ha pubblicato il suo secondo romanzo,
Diario londinese, che è un libro sulla giovinezza, con i timori, le sconfitte e i successi tipici di questa età, ma pervaso da un sottile perdurante malessere che affiora qua e la, in rapidi flash sugli affetti perduti, sulla violenza subita. Il soggiorno a Londra di Lorenza iniziato come tentativo di rimozione, di fuga dai ricordi angosciosi del passato si trasformò presto in un successo personale inatteso. Gli incontri con le persone giuste, la vivacità degli ambienti londinesi ma soprattutto le capacità e la caparbia volontà di esprimersi e di emergere trasformarono in pochi anni la ragazzina insicura in una artista originale. Lorenza riuscì a iscriversi alla Slade School of Fine Art, conobbe Lindsay Anderson, Karel Reisz, Tony Richardson, si appassionò alla regia e quasi senza mezzi girò un piccolo capolavoro, il film Together, il primo documento del Free Cinema.

Ma come in tutte le sue attività Lorenza non restò a lungo ferma nello stesso campo e anche chiuse ben presto anche con la regia, per dedicarsi al suo ritorno in Italia al teatro, alle marionette e alla pittura. Sarà proprio quest’ultima l’unico amore che l’accompagnerà tutta la vita; è del 2011 una bella mostra di suoi quadri a Firenze, dal titolo Album di famiglia, in cui ritorna ancora una volta alla tragedia della sua famiglia, raccontandola con immagini vivide e delicate, rielaborandola di nuovo, come nel libro, attraverso gli occhi di una bambina, che diventano gli occhi di tutta l’infanzia del mondo quando assiste impotente al male e alla violenza.

Lorenza e la sua gemella Paola persero ancora bambine i genitori e furono adottate dalla zia paterna Nina e da suo marito, Robert Einstein. Einstein era un ingegnere ebreo tedesco che aveva fatto fortuna con una fabbrica di radio, venduta appena in tempo nel 1936, per trasferirsi poi in Italia con la famiglia. In Toscana acquistò una bella villa con un’ampia tenuta, trasformandosi in un perfetto gentiluomo di campagna.
Per le gemelle Mazzetti, dopo mesi di sofferenze, incertezze e abbandoni, l’ingresso in quella casa, accolte a braccia aperte dalla zia, bella e generosa, dalle due cugine di poco più grandi e dallo zio gentile e ospitale significò tornare a una vita ricca e serena.
Einstein era il classico intellettuale ebreo assimilato, un colto signore borghese che aveva quasi dimenticato di portare sulle proprie spalle duemila anni di pregiudizi antisemiti; non era praticante, aveva sposato una ragazza non ebrea e si era tranquillamente inserito nell’ambiente locale. Aveva però un cognome pesante, rivelatore delle sue origini e dei legami di parentela con il grande scienziato fuggito anni prima negli Stati Uniti. Una eredità ingombrante a cui alla lunga non fu possibile sfuggire; dopo aver trascorso i 4 anni di guerra nella relativa tranquillità della villa di Rignano, il 3 agosto del 1944 un reparto della Wermacht in ritirata si presentò ai cancelli, penetrò nel giardino con l’ordine di uccidere gli Einstein in quanto giudei e traditori. Era lo stesso giorno in cui furono fatti saltare i ponti di Firenze, la guerra per la Germania era ormai persa, ma sappiamo che in quelle ultime convulse settimane le truppe tedesche prima di attestarsi sulla linea gotica diedero sfogo a gratuite violenze.
Nina e le sue due figlie furono brutalmente soppresse a colpi di mitra; nel tragico erroneo convincimento che tante vittime ha provocato, che i tedeschi cercassero solo gli uomini, Robert preavvertito dai contadini era fuggito nel bosco, ma la scena agghiacciante che gli si presentò al ritorno a casa uccise anche lui nel profondo. Poco tempo dopo si tolse la vita nello stesso locale dove era avvenuta l’esecuzione.
Lorenza e la sorella, risparmiate perché cattoliche, assistettero inorridite al massacro e al successivo incendio della villa.